Rumori, fumi e odori di cucina. Quando le immissioni diventano intollerabili.

I rapporti di vicinato tra condomini possono diventare tesi a causa delle immissioni acustiche e di fumo a danno di una delle parti condominiali.

Spesso i ristoranti, le pizzerie e i bar a causa degli odori e dei fumi di cucina e dei rumori generati dalla clientela rendono difficile la convivenza per i restanti condomini.

In certi casi risulta addirittura impossibile aprire le finestre per arieggiare le proprie stanze, mentre il riposo quotidiano è costantemente disturbato dal brusio di sottofondo o dagli schiamazzi degli avventori dei locali.

 

Che cosa prevede il Codice civile?

Il codice del ’42 ha espressamente disciplinato all’art. 844 il fenomeno delle immissioni, effetti di attività compiute sulla propria proprietà, che si ripercuotono su quella del vicino.

Posta all’interno della disciplina della proprietà fondiaria, la norma ha avuto negli anni largo raggio di applicazione.

Dal rapporto tra confinanti terrieri si è infatti arrivati a impiegare l’art. 844 c.c. per dirimere le controversie sia fra edifici urbani sia fra stabili di uno stesso condominio.

L’art. 844 del codice civile è composto da due commi, al primo comma si stabilisce:

 “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.”

Da ciò si desume come il concetto di “normale tollerabilità” sia il discrimine posto dal legislatore per stabilire quando le immissioni siano consentite o vietate dall’ordinamento.

Per normale tollerabilità si deve aver riguardo all’uomo medio prescindendo dal tipo di zona urbanistica del luogo, quindi sia che si tratti di quartiere residenziale che di zona industriale.

Al secondo comma dell’art. 844 c.c. si precisa:

“Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.”

Il giudice deve valutare la tollerabilità delle immissioni, tenendo conto del modo in cui esse vengono in essere e degli interventi che ne sono causa.

Si tratta quindi di bilanciare le contrastanti esigenze dei proprietari.

Da un lato l’esigenza della produzione, intesa in senso ampio come attività non solo industriale ma anche di servizi commerciali, dall’altro l’esigenza del diritto alla salute.

Il diritto alla salute è un diritto costituzionalmente garantito, la Costituzione  infatti sancisce all’articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.

Anche l’iniziativa economica è costituzionalmente garantita dall’art. 41  Cost. “L’iniziativa economica privata è libera”.

Tuttavia incontra un limite imposto dalla medesima disposizione costituzionale: “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Pertanto il contemperamento deve in ogni caso far rientrare le immissioni all’interno della soglia della normale tollerabilità. Il giudice può sia disporre modifiche strutturali del bene come misura contenitiva delle immissioni sopra soglia sia riconoscere alla parte lesa un indennizzo.

La competenza dell’organo giudicante sulla domanda ex art. 844 c.c. è del Tribunale nel caso in cui il convenuto esercita un’attività di tipo imprenditoriale e produttivo; mentre è del giudice di pace, qualunque sia il valore della causa, quando la controversia riguarda i rapporti fra vicini proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione.

In entrambi i casi l’onere della prova è sempre a carico della parte attrice.

Il condomino che lamenta le eccessive immissioni dovrà quindi provare, anche per testimoni, la loro intollerabilità e condizioni di utilizzo del bene.

Decisiva sarà la consulenza tecnica d’ufficio che viene richiesta dal giudice per stabilire la tollerabilità o meno delle immissioni, l’eventuale diminuzione del valore del bene immobile interessato e l’entità del danno alla salute del condomino ricorrente.

 

 

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